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Cantori della Passione

Riti di Pasqua

Sannicola (LE). Tutti in strada a cantare fino all'alba. Primo appuntamento sabato 3 aprile.

A piccoli passi si avvicina mezzanotte. E piccoli passi affiorano dal silenzio: sono quelli dei cantori della Passione. A Sannicola (LE) quando l'alba della Domenica delle Palme è ancora dall'altro lato della clessidra, le strade si colorano di nenie intrecciate alla malinconia delle chitarre, al ticchettìo sussurrato dei tamburelli e al lamento quasi ossessivo delle fisarmoniche. Un avvertimento.

Un' anticipazione. Si dà notizia musicata del pathos millenario che avvolge la Settimana Santa. Tonalità luttuose abbracciano i pensieri. Mentre i calvari contemporanei ritornano tracciati di sangue fra le guerre che l'uomo erge a dimostrazione dell'evoluzione dal cavernicolo che usava pietre e fionda. Ha un colore strano la notte.

Capita, mentre si è circondati dagli strumenti musicali che rimbalzano note in dialoghi extraumani, di staccarsi dal suolo e vagare nell'altrove, visitando i luoghi angusti in cui i pretoriani di oggi flagellano quel che resta di un'umanità messa ai margini. O guardando occhi di madri fermate alle frontiere, poco più in là del cuore. O mani con i chiodi dell'indifferenza conficcati e cuciti nella parola "aiuto", che ci fa piacere sia scritta con inchiostro simpatico.

Mentre le stelle sono buchi di luce sul circo del mondo, la vita di Gesù Nazareno viene sintetizzata in strofe dialettali antiche come un ricordo. "Santu Lazzaru" o "Lazzarenu" viene battezzata la processione sonora che a Sannicola coinvolge e lega insieme molte generazioni. Dai vecchi, che ancora sono maestri di occhi e autenticità, ai più piccoli, che viaggiano nella dimensione del mistero per un rituale che non comprendono pienamente. In mezzo ci sono le età di mezzo. Gli adolescenti allungati, che un po' per moda, un po' perchè ci credono davvero, rivivono la tradizione di un canto d'anima che squarci i silenzi dell'attesa. Come se da un momento all'altro debbano spuntare i soldati romani diretti al Getsèmani.

Del travaglio che ondeggia e scuote la Settimana Santa, rimane una catarsi che si manifesta la mattina di Pasqua. Quando ancora mattina non è. La velocità s'impossessa delle dita che danzano follemente su chitarre, fisarmoniche e violini. Il balbettìo che bussava ai tamburelli diventa ora tùrbine senza tregua. Qualcuno accenna una danza roteante sull'asfalto. Sono "Le Matinate" (canti del mattino), risurrezione della voce per dar voce alla risurrezione.

Liberazione delle corde vocali, legate come corde di campane quaresimali. Un grosso ragno-poi-espande il dominio sulla notte e prende nella tela anche San Paolo e le sue tarantate, bollino e marchio di un Salento modernamente antico. Fino allo spuntare di un grande tamburello nel cielo. Il sole della primavera che batte e ribatte sul cammino degli umani. E' tempo di rientrare a casa. Con le ceste di vimini in cui galleggiano uova, dolci in forma di colombe e doni offerti da chi è stato felicemente svegliato dai suoni di piccole orchestrine improbabili. Ma sincere. Chi avrà voce d'altri tempi tornerà in quelle stesse case per le "Ringraziate", come gesto di cortesia e gratitudine. E sarà già la Domenica "In Albis".

Il mattino fiorisce impercettibile. Il mondo continua altrove. La clessidra ha finito i granelli. L'anno prossimo torneremo a girarla.

Comunicato curato da: Alessandro Errico

Documento creato il 13/04/2004 (22:22)
Ultima modifica del 13/04/2004 (22:22)

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