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Il castello di Acaya

Il castello

L'area del castello occupa l'angolo di sud ovest del borgo; è isolato dal borgo e dalle aree circostanti da un profondo fossato, nel quale è possibile vedere alcune antiche cisterne e le aree di estrazione dei blocchi di pietra usati per la costruzione.

Sino a qualche anno fa il fossato era completamente ricoperto da una folta vegetazione: negli ultimi anni i restauri hanno teso anche al recupero dei fossati ed alla pulizia delle aree circostanti.

L'accesso al castello è garantito da un'unica porta, accessibile dalla piazza d'armi del borgo per il tramite di un ponte in muratura, probabile moderno sostituto di un precedente ponte levatoio. La costruzione ha nel suo insieme una pianta quasi trapezoidale, con due vertici, quello interno al borgo e quello si sud ovest, occupati da due torri circolari (le più antiche, facenti parte dell'impianto edificato da Alfonso dell'Acaya) e i restanti due vertici occupati da bastioni affilati protesi uno verso Lecce, a ovest, e l'altro verso est, a protezione della porta di accesso al borgo. Nelle mura, nei bastioni e nelle torri del castello si aprono cannoniere e feritoie che avevano il compito di garantire agli occupanti il perfetto controllo di quanto avveniva all'esterno della fortificazione.

Oggi un grande cancello in ferro chiude la grande porta: niente a che fare, quindi, con il ponte levatoio di un tempo; superata la porta si accede alla piazza d'armi del castello; sulla parete di fronte all'ingresso una grande scala porta al piano superiore. A destra, i recenti scavi archeologici eseguiti durante il restauro del fortilizio sono protetti da un soppalco che sostituisce il tetto perduto nel corso dei secoli.

Questa è con molta probabilità la parte più antica dell'insediamento; gli scavi operati durante il restauro del monumento hanno portato alla luce le tracce di un edificio più antico, corrispondente ad un'antica chiesa bizantina; ulteriori scavi hanno portato alla scoperta, in un'intercapedine della parete nord, di un antico affresco raffigurante la Dormitio Virginis risalente al 1300. La Dormitio Virginis è il termine con cui viene indicato il momento in cui gli apostoli attorniano Maria colta dal sonno della morte. La celebrazione ebbe origine nel VI secolo a Gerusalemme e fu accolta dalla Chiesa di Roma nel secolo successivo.

Nella parete ovest è possibile accedere agli ambienti destinati a scuderie; qui il livello del pavimento è stato abbassato, probabilmente perché negli ultimi secoli il luogo era stato destinato a frantoio oleario. Ne risulta che le mangiatoie dei cavalli sono irrazionalmente alte e quindi non più utilizzabili per lo scopo originario.

Nell'area compresa tra le scuderie e l'antica chiesa bizantina sembra gli scavi condotti in occasione dei restauri del castello hanno portato alla luce alcune tombe, violate nel corso dei secoli, ed alcune fosse usate come ossari. I resti umani sembrerebbero appartenere a giovani uomini, uno di questi di notevole altezza. Non è stato possibile conoscere il motivo della morte, anche se sono stati notati i segni tipici della decapitazione e non è neanche possibile escludere che possa trattarsi di soldati morti durante le cruente battaglie che sino al 1500 si sono svolte in questi luoghi a causa delle continue incursioni dei turchi.

In fondo alla grande sala delle scuderie un piccolo accesso, probabilmente dovuto alla diversa destinazione di questi locali, permette di accedere alla torre di sud ovest. L'ambiente è tondo e senza grandi aperture verso l'esterno. Anzi ci sono molte aperture e tutte piccole e, al contrario delle cannoniere, rivolte verso l'alto. Erano feritoie aperte nelle spesse mura della torre che permettevano un adeguato ricambio d'aria, impedendo il formarsi di umidità. La torre, infatti, era la polveriera del castello o, come si dice in gergo, la Santa Barbara.

Qui l'accesso era riservato solo a poche persone di fiducia, che si approvvigionavano delle munizioni mediante un'apertura rotonda nel soffitto; scale e corridoi nelle spesse mura permettevano di passare da questo ad altri ambienti.

Lasciamo le scuderie e torniamo nella piazza d'armi; da qui ci sono gli ambienti nelle pareti a sud e ad est del castello. Mentre la parete a sud era destinata a deposito e la presenza di un forno lascia immaginare anche una diversa destinazione, l'ultima parete presenta ampi locali destinati alla conservazione delle derrate alimentari e dell'acqua.

Accedendo da una porticina verso il bastione di sud est, è possibile vedere, scavati nella tenera arenaria un gran numero di depositi, probabilmente destinati a conservare olio, grano ed altre derrate. C'è anche una grande cisterna, la cui presenza è resa evidente da alcuni canali in coccio affogati nelle spesse pareti degli ambienti. L'acqua veniva incanalata dal tetto e portata in queste condotte nelle capienti cisterne, in modo da permettere agli occupanti di resistere ad eventuali assedi.

Gli ambienti sono comunicanti e mediante corridoi e cunicoli è possibile raggiungere l'ultima torre tonda posta a nord est del castello, quella di fronte alla piazza d'armi del borgo. In questa torre la presenza di cannoniere e feritoie lascia immaginare che fosse destinata principalmente a scopi difensivi.

Uscendo nella piazza d'armi del castello è possibile raggiungere le scale che portano al piano superiore.

Il piano nobile del castello

Il castello, nella concezione rinascimentale, aveva sia scopi militari che residenziali; era la residenza del feudatario del luogo e, nello stesso tempo assicurava protezione agli stessi luoghi che facevano capo a lui.

Questa regola vale anche per il castello di Acaya: il piano nobile presenta tante sale, tra loro comunicanti e comunicanti con l'ampio terrazzo che da sul cortile interno. Erano destinate ad alloggi dei signori del luogo: visitiamone alcune accedendo dalla porta posta proprio in cima alle scale.

C'è anche da segnalare il fatto che il piano non è completo. Sembrerebbe, infatti, che l'intera ala est sia stata letteralmente smontata ed il materiale recuperato sia stato venduto ed usato per la costruzione di una masseria nei dintorni di Acaya. L'opera di smantellamento fu eseguita agli inizi del 1700 dalla famiglia Vernazza, proprietaria in quell'epoca del feudo. Non ci è dato conoscere se l'ala smontata fosse ormai diruta (era una delle più antiche) e che i proprietari se ne siano privati per evitare di sistemarla o se i motivi fossero altri.Il primo ambiente che incontriamo è un'ampia sala rettangolare; la posta sulla sinistra conduce ad un ampio salone, forse l'antica sala d'armi del castello. La parete a destra di questo mostra un grande camino, mentre sulla parete in fondo si apre una porta che conduce ad un'altra sala, un po' più piccola.

Tornando al primo ambiente, quello proprio di fronte al termine delle scale, la parete di fondo è interrotta da una porta che conduce nella stanza all'interno del grande baluardo di sud est. E' la casa matta, uno dei locali cioè protetti da spesse pareti e da un tetto in grado di resistere alle bombe. Alcune cannoniere si aprono sui lati del bastione esposti verso l'esterno. Il soffitto ha una caratteristica volta a specchio su cui è affrescato un grande emblema dei sovrani di Spagna.

Ma la sala più caratteristica di tutto il piano nobile del castello è senza dubbio la sala ennagona che occupa il bastione di nord est. La sala si presenta decorata con bassorilievi e sulla porta d'ingresso due visi accolgono i visitatori: sarebbero stati attribuiti dagli esperti a Alfonso dell'Acaya e Maria Francone (discendente dai signori di San Donato), genitori di Gian Giacomo, progettista del castello così come lo vediamo oggi. Sono anche gli unici fregi rimasti ad ornamento del castello, visto che tutti quelli che adornavano le pareti delle altre stanze del castello sono state accuratamente smontate nel corso dei secoli. I fregi costituiscono un festone che corre lungo le mura della sala; idealmente, ha inizio e fine con i volti dei genitori di Gian Giacomo e rappresenta la sua vita, dalla nascita sino alla fine, rappresentata dal suo testamento.Tornando sull'ampio terrazzamento, una piccola porticina nella parete a sud permette di accedere ad una stretta scalinata. In cima un pianerottolo ed una finestra e poi un'altra rampa -questa volta di pochi gradini- conducono all'ampio terrazzo del castello.

Il terrazzo dà una vista d'insieme sul territorio circostante; campagne meravigliose circondano il castello ed il suo antico borgo ed in fondo, verso est, è possibile distinguere perfettamente la linea blu del mare adriatico. In fondo, sulla casa matta di sud est un piccola garitta riparava le guardie dal rigore del tempo.

Ma non è stato sempre così...

Visitare il castello oggi, con le sue bellissime pareti in pietra leccese, ripulito dai segni del tempo e dall'incuria dei secoli passati è un incredibile tuffo nel passato rinascimentale di questi luoghi.

Ma la mente corre alla nostra prima visita ad Acaya, quando ancora il castello era lungi dall'essere restaurato, dove le pareti esterne erano abbruttite dal tempo, dai licheni e dalle piante che affondavano le radici tra le fessure del muro.

L'abbandono in cui questo antico testimone della storia del Salento versava, metteva un grande tristezza; non c'era nulla che potesse testimoniare le origini ed il suo antico splendore, a parte la maestosa mole.

Tutto intorno cespugli e sterpaglie; anzi una fitta macchia mediterranea avvolgeva il castello e riempiva i fossati, quasi a proteggerlo da moderni invasori. Il borgo viveva una vita tranquilla, ignorando i concetti di città ideale che avevano ispirato il suo progettista.

Fortunatamente quell'incantesimo che aveva fatto dimenticare Acaya è stato spezzato; nonostante le difficoltà sono stati avviati i lavori di restauro e recupero del castello e del borgo. La piccola cittadella fortificata è tornata a nuova vita tanto da ospitare -nel 2008- il primo forum internazionale per la pace nel Mediterraneo, organismo dell'UNESCO.

Documento creato il 01/10/2009 (21:02)
Ultima modifica del 14/10/2009 (12:27)
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